Re Gnocco, Colombina, Brighella e Rugantino: riscopriamo il Carnevale delle maschere!
A Carnevale ogni scherzo vale...ma anche ogni maschera!
Sappiamo che, nel nostro paese, il Carnevale e le maschere sono qualcosa di molto importante, e questo perché è intrinseco della tradizione, non solo del paese, ma delle varie regioni!
L'Italia infatti è un paese molto ricco di maschere regionali, e ognuna ha origine da storie diverse: alcune sono nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell'arte, da tradizioni arcaiche, o ancora altre sono state ideate come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di alcune città.
Commedianti italiani e francesi
Da dove arrivano le maschere?
L'uso della maschera è antichissimo e si può già ritrovare all'origine della storia degli uomini. Venne utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, rappresentazioni teatrali o feste popolari come il carnevale.
Il nome probabilmente deriva dal latino medioevale màsca, che tra i vari significati vuol dire anche strega, spettro, essere demoniaco (ancora oggi, è utilizzato con questo significato nel dialetto del Piemonte). E' interessante che discenda da una parola simile in quanto, nella tradizione, le maschere, il rumore, il colore e il clamore hanno sempre avuto lo scopo di scacciare le forze delle tenebre e del male; non solo, erano i rituali collegati alle maschere servivano per mandare via l'inverno al fine di aprire la strada per l'arrivo della primavera.
Dunque, le varie maschere e i rispettivi personaggi sono nate nelle situazioni più diverse, ma, nella maggior parte dei casi, si sono diffuse nel nostro paese grazie alla Commedia dell'Arte: si tratta di una forma di spettacolo nata in Italia nel XVI secolo e rimasta popolare fino alla metà del XVIII secolo, quando venne scalzata via da Goldoni.
Parlando di Commedia dell'Arte non si può considerare un genere teatrale, semmai una modalità in cui si faceva spettacolo: non si trattava di un genere teatrale, bensì di una diversa modalità di produzione degli spettacoli. Le rappresentazioni non erano basate su copioni definiti, ma su dei canovacci, detti anche scenari, che fornivano unicamente indicazioni sull'azione e sui lazzi (interventi comici slegati dal resto della commedia, con il solo scopo di far ridere), mentre il resto dello spettacolo era affidato all'improvvisazione.
Un altro elemento caratteristico della commedia dell'arte è la presenza di caratteri fissi, ovvero personaggi con le medesime caratteristiche che si ripetono nelle diverse rappresentazioni. In origine, le rappresentazioni erano tenute all'aperto con una scenografia fatta di pochi oggetti.
Il Lazio di Rugantino
Né nord, né sud…si parte dal Centro! Rugantino è una delle più importanti maschere laziali e, soprattutto, romane, ma è conosciuto in tutta Italia grazie all'omonima commedia musicale.
La storia di questa maschera è legata al mondo dei burattini: si tratta di un tipico personaggio romanesco, o per meglio dire, Trasteverino! Un giovane spavaldo, arrogante e strafottente, ma buono e amabile nell'animo. Lo stesso nome, Rugantino, deriva dal romanesco "ruganza", ovvero arroganza.
Ma come nasce Rugantino? E' stato creato dal più noto burattinaio romano, il Ghetanaccio, che divenne famoso soprattutto per le rappresentazioni che avevano come protagonista Rugantino; il Ghetanaccio era operativo nel 1700 ed è a questo periodo che si fa risalire la prima apparizione di questa maschera. Abbiamo un'altra fonte che ci parla di Rugantino, un foglio satirico del 1848, dove leggiamo una descrizione del personaggio:
«Cor cappello a du' pizzi, cor grugno lungo du' parmi, co' 'na scucchia rivortata 'nsù a uso de cucchiaro, co' no' spadone che nun ce la po' quello der sor Radeschio, e co' le cianche come l'Arco de Pantano, se presenta, Signori mia, Rugantino er duro, nato 'nsto piccolo castelluccio e cresciuto a forza de sventole, perché ha avuto 'gni sempre er vizio de rugà e d'arilevacce»
Quindi, in un certo senso Rugantino doveva essere una sorta di parodia satirica del gendarme, e veniva allo stesso tempo identificato col capo dei briganti.
Ma Rugantino è conosciuto per un altro motivo: la commedia musicale creata da Garinei e Giovannini, con musiche di Armando Trovajoli. Avete mai sentito la canzone Roma nun fa la stupida stasera? E' proprio da qui che è tratta!
Il grande cast lombardo
Sono tante le maschere nate in Lombardia! Infatti, è una delle regioni più prolifiche a livello di personaggi! Sicuramente conoscerete il coloratissimo Arlecchino, uno dei simboli più consolidati del Carnevale italiano. Ma Arlecchino lo conosciamo tutti! Andiamo invece a vedere i suoi compagni, alcuni meno famosi.
Meneghino che strozza l'Aquila Imperiale Austriaca
Il primo, forse il più importante per la città di Milano, è Meneghino, diminutivo del nome Domenico in dialetto lombardo. Questo personaggio è stato ideato dallo scrittore e commediografo italiano Carlo Maria Maggi e nel tempo è divenuto il simbolo della città di Milano, tanto che il termine meneghino è in genere utilizzato per identificare i gli abitanti della città e indica ciò che di loro è più caratteristico.
Inizialmente, Meneghino non era un personaggio troppo diverso da Arlecchino, anzi, il suo ruolo era proprio quello del servo spiritoso e allegro; tuttavia, si distingueva per la sua onestà, sincerità (simboleggiata anche dal fatto che, a differenza di molti personaggi della commedia dell'arte, egli non indossa una maschera!) e un forte senso di giustizia.
Nel corso dei secoli, Meneghino ha assunto diversi ruoli sul palcoscenico, tra cui quello del padrone, del contadino e del mercante. Questo personaggio è da sempre stato affiancato da Cecca, sua moglie; Cecca (la forma dialettale e colloquiale del nome Francesca), è anche detta "Cècca di birlinghitt" per via dei fronzoli, nastri e orpelli di cui ama abbigliarsi e che si trovano in maniera molto vistosa sul suo costume.
Allontanandoci dalla coppia felice, troviamo un altro personaggio simbolo della Commedia dell'Arte: Brighella. Il suo nome ovviamente deriva dalla sua capacità di buttarsi sempre in mezzo ai guai: chi di voi, da bambino, si è sentito apostrofare proprio "brighella"? O ancora basti pensare al modo di dire "attaccare briga", attività in cui il nostro personaggio eccelle senza dubbio.
Brighella è il migliore amico di Arlecchino ed entrambi sono servi di Bergamo. Al contrario del policromatico amico, tuttavia, Brighella non lavora solo come servo, ma compie un'infinità di altri mestieri più o meno legali, per cui si ritrova sempre in mezzo a svariati intrighi.
Questo personaggio è noto la prontezza e la versatilità della sua mente, ma anche la sua capacità di escogitare inganni e trappole in cui far cadere il prossimo solo per il gusto di imbrogliare gli altri e mettere in difficoltà il padrone. È inoltre intrigante, molto furbo, carismatico, ma senza scrupoli e un bugiardo capace di raccontare frottole con tale sicurezza e convinzione che è quasi impossibile distinguerle dalla verità, e pare a volte che ne sia convinto lui stesso.
Tra il grandissimo cast di personaggi Lombardi abbiamo anche Re Gnocco, rappresentazione del fare festa e del divertirsi al Carnevale di Castel Goffredo; poi ancora Sapor, maschera tipica di Schignano; Gioppino, maschera della tradizione bergamasca, mentre invece i balari e i maschèr sono fondamentali per il Carnevale di Bagolino.
La Calabria "antispagnola"
Passiamo ora ad una figura meno conosciuta della tradizione calabrese, o per essere più precisi, della città di Catanzaro! Qui infatti, una delle maschere più famose è quella di Giangurgolo, un ragazzo vestito con degli abiti che non passano di certo inosservati!
Questa maschera nasce come modo di schernire e mettere in ridicolo i cavalieri siciliani "spagnoleggianti", ovvero i nobili arricchiti che nel Settecento si atteggiavano alla spagnola; ma essa è anche legata ad una leggenda della città di Catanzaro.
In questa si racconta di tale personaggio, appunto Giangurgolo, che si oppose coraggiosamente all'occupazione spagnola. Inoltre, viaggiava con un carrozzone da teatro insieme ad alcuni suoi amici, proponendo spettacoli satirici e incitando il popolo alla rivolta. Giangurgolo è inoltre una delle maschere più famose della Commedia dell'arte. Il suo nome sembra derivare dall'italiano "Giovanni Golapiena", poi corrotto in Zan Gurgola, per via del suo insaziabile appetito.
Il carattere di questo personaggio si consolidò nella seconda metà del Settecento, come una delle infinite versioni del Capitano fanfarone e codardo; tuttavia, non è mai stato associato ad una sola identità: a volte è raffigurato come un vecchio, altre come un giovane, a volte con il ruolo di servo, altre con quello di oste. Ciò che lo contraddistingue sempre è il suo enorme appetito, implacabile e insaziabile!
Le antiche tradizioni della Sardegna
Se è vero che, come abbiamo detto, le maschere possono derivare dal teatro dei burattini o dalla commedia, è anche vero che le tradizioni dei popoli sono sempre state un bacino da cui attingere; molti personaggi del folklore regionale derivano proprio dalle tradizioni popolari, ed è questo il caso delle maschere sarde: la Sardegna infatti è ricca di maschere dai tratti arcaici e la cui tradizione è tutt'oggi viva.
Queste maschere venivano anticamente usate in molti riti sacri, riti che dovevano essere propiziatori per una buona semina e conseguentemente per un buon raccolto; ognuno di questi era legato alla vita contadina e al ciclo della vita e delle stagioni. Pertanto le maschere erano principalmente legate a temi come la fertilità, la vita, la morte, il demonio, la lotta tra animali, l'addomesticamento degli animali da parte del pastore (simbolo di come, attraverso la forza, l'uomo cerca di prevalere e di imporsi). Alcuni di questi riti e di queste maschere vengono riproposte durante durante la festività del Carnevale (o Carrasecare).
Due delle figure più particolari sono senza dubbio i Mamuthones e gli Issohadores del Carnevale di Mamoiada.
Mamuthone e Issohadore
Queste due maschere sono, in un certo senso, complementari, e lo si capisce benissimo sia dal loro aspetto, sia dal modo che hanno di muoversi nelle processioni cittadine: difatti, i Mamuthones sono sempre vestiti di scuro, con una maschera di legno nera e un lungo mantello di pelle di pecora dello stesso colore e grandi campanacci sulla schiena, chiamati carriga [tra l'altro, non c'è da stupirsi, visti i colori e il loro atteggiamento, che siano spesso usati come minaccia per far rigare dritto i bambini! "Comportati bene o arrivano i Mamuthones!"].
Gli Issohadores invece indossano un cappello che si chiama berritta, una maschera bianca, un corpetto rosso (curittu), camicia e pantaloni bianchi e una bandoliera di campanellini in bronzo (sonajolos). Durante il Carnevale di Mamoiada è prevista una lunga processione che dura dal pomeriggio fino alla tarda sera, ed è qui che le due figure si mostrano in tutta la loro differenza e complementarietà: difatti, i Mamuthones si muovo in maniera molto lenta, quasi statica e solenne, con passi piccoli che somigliano a minuscoli saltelli. Gli Issohadores, invece, sono i veri padroni di questa specie di danza: con il loro passo più svelto e agile danno il ritmo alla processione e dinnanzi a tutti c'è una maschera molto particolare chiamata "Capo Issohadore". Il Capo Issohadore impartisce gli ordini ai Mamuthones e dà il ritmo alla danza, mentre gli altri Issohadores, muovendosi più agilmente, lanciano la propria fune e catturano le giovani donne che assistono allo spettacolo; questo è segno di buon auspicio per una buona salute e fertilità.
Non è l'unico caso in cui le maschere sarde sono "accoppiate": infatti, una situazione molto simile si ripete con I Bòes e i Merdùles del Carnevale di Ottana.
Un Boe e un Merdùle
I Boes e i Merdùles rappresentano rispettivamente i buoi con i propri padroni; i Boes indossano sul volto una maschera di legno lavorata, dipinta con motivi tribali e naturali (caratza) che ricorda il museo di un bue. Per realizzare la maschera viene utilizzato prevalentemente pero selvatico e possono esservi diverse decorazioni, tra le quali il più famoso fiore della vita, simbolo di prosperità, di speranza e di buon auspicio (nella foto a sinistra, il simbolo che si vede sulla fronte, un fiore a 6 petali). Inoltre, i Boes indossano pelli di pecora bianca e hanno un grappolo di campanacci a tracolla (detti anche Su Erru o Su Sonazos) dal peso di circa 30 kg. Non sono dunque così distanti dai loro fratelli Mamuthones, eccezion fatta per il colore: i Boes sono tutti bianchi!
Invece i Merdules, propriamente "i guardiani dei buoi", hanno invece il compito di comandare i Boes durante tutta la processione. Anch'essi sono coperti di pelli di pecora bianca o nera (ma è molto raro che si usi questo colore) e indossano una maschera di colore nero che ha le fattezze del volto di un vecchio uomo deforme, brutto e con una bocca ghignante o ricurva verso il basso. Per comandare i Boes, questi uilizzano un bastone, Su Matzuccu, col quale richiamano a sé gli "animali", o provano ad addomesticarli usando una fune di cuoio, Sa Soca.
Il carnevale di Venezia
Se parliamo di Carnevale e maschere, non citare il Veneto sembra quanto meno bizzarro! E quindi concludiamo il nostro viaggio con le storiche maschere di questa regione.
Un nome fra tanti, la maschera più longeva della Commedia dell'Arte, il vecchio furbo, senza scrupoli e, molto spesso, senza inibizioni: Pantalone!
Pantalone
Pantalone, o in veneto Pantalòn, è una maschera che nasce a Venezia intorno alla metà del Cinquecento e rappresenta il tipico mercante vecchio, avaro e lussurioso: il suo stesso nome deriva da quello imposto ai maschi delle famiglie nobili della Serenissima.
Il personaggio di Pantalone derivano direttamente da quella del mercante veneziano del XVI secolo, soprattutto per quanto riguarda le vesti: ha un lunghissimo soprabito, chiamato zimarra, nero, che copre una calzamaglia rossa; ciò si vede in numerose raffigurazioni di moltissimi pittori veneziani rinascimentali come Vittore Carpaccio, Jacopo Bellini e il figlio Giovanni e infinite il Veronese.
Oltre ad essere uno dei personaggi più famosi, Pantalone è una delle poche maschere ad essere sopravvissuta alla riforma della Commedia attuata da Goldoni. Non solo: il grande commediografo decise di utilizzare questo personaggio, chiamandolo "Pantalone de' Bisognosi", figura che sopravvisse per secoli all'interno del teatro italiano.
Oltre al Carnevale di Venezia però, anche Verona e la regione alpina sono ricche di tradizioni da esplorare! Per quanto riguarda la città dell'Arena, due delle maschere più famose sono Mastro Sogar e Papà del Gnocco; quest'ultimo, è la principale maschera di Verona. Il suo nome deriva da papus, che vuol dire mangiare.
Viene rappresentato come un uomo anziano, robusto e con una lunga barba bianca (no, non stiamo parlando di Babbo Natale...). È vestito di broccato marrone chiaro e mantello, con una tuba rossa a cui sono attaccati dei sonagli. La parte più curiosa del suo costume è senza dubbio l'enorme forchettona dorata usata come scettro, su cui è infilzato uno gnocco di patata.
Mastro Sogar è invece è una delle maschere del quartiere di San Michele Extra, che si trova vicino al centro storico. Il Mastro Sogar è sempre accompagnato dalla Sogara, che non è necessariamente sua moglie, sarebbe meglio definirla come una compagna. Oltre a lei, ci sono anche i Sogareti, giovani che che incarnano a pieno lo spirito del carnevale. Il suo costume si rifà al modo di vestire nel Seicento ed è composto da camicia in flanella bianca, pantaloni alla zuava in velluto nero, stivali, giubbetto, cintura e strisce di cuoio, cappello ampio rosso con penne nere, che sono i colori del quartiere di San Michele Extra. Il quartiere è molto legato a questa maschera, tant'è che ogni anno vi è l'elezione di un nuovo Mastro Sogar e la votazione è popolare ed aperta a tutti i residenti. La cerimonia d'Investitura del nuovo Mastro Sogar si svolge sempre nei primi giorni di gennaio ed è un'occasione di gran festa per tutto il quartiere.
Il nostro viaggio tra le regioni si ferma qui, ma tante maschere ancora andrebbero ricordate! Il nostro territorio è veramente colmo di storie e tradizioni e ogni regione è legata da un invisibile filo rosso di storie condivise. Speriamo che la nostra piccola esplorazione vi sia piaciuta e, se vi abbiamo incuriosito, vi invogli a scoprire tutte le altre maschere regionali.
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