top of page

Indiana Jones e l'archeologia in chiave "pop"

Immagine del redattore: Alessandra TamburiAlessandra Tamburi

Aggiornamento: 6 giu 2022

Una frusta e un cappello Fedora: così è stato stravolto il mondo dell'archeologia, rovesciato dai suoi stereotipi.

Quando, da bambina, mi chiedevano cosa volessi diventare, rispondevo sempre che sarei diventata come Indiana Jones (tranne quando dissi di voler fare il pompiere, ma vai a capire). Non avevo sinceramente idea di cosa facesse un archeologo, nemmeno di cosa volesse dire questa parola, ma in cuor mio speravo che tale professione fosse simile alle grandiosi azioni del mio eroe televisivo.


Per una bimba di tre anni, la prospettiva di esplorare tombe, riesumare cadaveri, buttarsi nella polvere senza nessun genitore a riprenderti per la collottola deve effettivamente suonare allettante, e, fino alle medie, la professione archeologica mi sembrava effettivamente una strada che valesse la pena di essere percorsa.

Caduti cappello e frustra, tuttavia, ho avuto modo di capire quanto il mondo di Indy e l'archeologia fossero effettivamente distanti: niente fantastiche avventure o mirabolanti viaggi, niente pavimenti da fracassare o pagine di diari da interpretare. Non per questo però l'amore per questa materia è da mettere da parte, anzi, sicuramente non sono stata l'unica ad essere irretita dalle sue avventure misteriose.


Harrison Ford e Sean Connery in una scena de "L'ultima crociata"

Come nasce Indiana?

Nel 1981 il mito dell'archeologo più famoso della storia del cinema prendeva via: con l'uscita del primo film, I predatori dell'arca perduta, iniziava una storia fatta di leggende, azione, passione, senza mai mancare di quella comicità un po' goffa tipica di altre grandi saghe dell'epoca (ad esempio la prima trilogia di Star Wars). Indie non condivide solo l'umorismo particolare, ma anche l'autore, George Lucas, e ovviamente l'attore protagonista: Harrison Ford, alias Henry Walton Jones, Jr. l'Han Solo di Guerre Stellari.


L'origine di Indiana non è solo l'inizio di una saga a cui molti sono affezionati, ma anche l'occasione in cui, per la prima volta, è cambiato il modo di approcciare il mondo dell'archeologia.


Indy muove i suoi primi passi nel 1973, quando George Lucas decise di iniziare a scrivere Le avventure di Indiana Smith: la sua intenzione era quella di creare una vera e propria serie di film, destinate ad entrare per sempre nel nostro immaginario. La vera svolta avvenne nel 1977, quando Lucas decise di andare in vacanza a Maui con l'amico Steven Spielberg, che in quel momento gli confessò di essere interessato a realizzare un film della Saga di James Bond. Invece, Lucas gli propose "una idea migliore di James Bond" raccontandogli la trama de I predatori dell'arca perduta. Ovviamente, Spielberg amò questa proposta, definendo Indy "un Bond, ma senza gadget". Propose, però, di cambiare il suo nome da Indiana Smith a Indiana Jones, e così nacque il mito.


Steven Spielberg e George Lucas con il mitico R2-D2 sul set di Guerre Stellari

I film di Indiana sono stati, in un certo senso, una rivoluzione, sicuramente per quanto riguarda il suo protagonista: non si tratta infatti di un rappresentante della legge dagli alti principi, né di un fascinoso agente segreto pieno di meravigliosi gadget, né di un supereroe, ma di un normalissimo archeologo appassionato di arte antica.

Quindi dov'è la rivoluzione? Sicuramente, in quello che accade nella nostra testa, ora, se pensiamo alla figura dell'archeologo: da noioso studioso ricoperto di polvere, appare nella nostra mente un giovane Ford, col suo tema musicale di sottofondo. Sulla veridicità di questa visione ovviamente c'è molto da dire, ma è comunque impressionante che dei film nati essenzialmente per il grande pubblico siano stati capaci di un cambiamento così radicale nel significato della parola archeologo.


Harrison Ford ne "Il tempio maledetto"

Come ti cambio l'archeologo

Non c'è dubbio che la concezione della figura dell'archeologo sia stata influenzata da questi film: non era infatti raro associare a questa professione personaggi più che altro anziani, intenti ad analizzare complessi documenti; una visione senza dubbio più realistica, ma che non attirava molti, tanto per la difficoltà, tanto per mancanza di spirito di avventura.

Tutto ciò è cambiato con l'arrivo di Indy e questo mutamento è stato talmente importante da meritarsi di essere documentato in una mostra: Indiana Jones and the Adventure of Archaeology, aperta nell'aprile 2011, prima in Canada e diventata poi itinerante nel mondo, infine chiusa nel gennaio 2016.

La mostra è stata presentata dalla National Geographic Society e sponsorizzata dalla Lucasfilm, con l'obiettivo di realizzare un vero e proprio spazio che proiettasse lo spettatore in un viaggio nella scienza e nella storia dell'archeologia. E' stata una mostra di grandissimo successo, soprattutto perché le persone hanno avuto l'occasione di osservare antichi artefatti provenienti dalla National Geographic Society e dal Penn Museum, insieme ovviamente a tutti gli oggetti di scena dei film.


Una sala della mostra "Indiana Jones and the Adventure of Archaeology"

In quell'occasione l'archeologo Fred Hiebert, del National Geographic, ha dichiarato che è possibile documentare statisticamente l'impatto dei film, basandosi sul numero degli studenti di archeologia prima e dopo il primo film: "Alcuni dei migliori archeologi del mondo oggi dicono che Indiana Jones è ciò che ha accesso il loro interesse iniziale nella materia." Come si diceva all'inizio quindi, non sono stata l'unica a lasciarsi affascinare dalle atmosfere avventurose di Indy e, forse, molti degli studiosi moderni si solo fatti prendere dalle mie stesse fantasie.

Ovviamente, quello che Indiana Jones ha modificato non è il mestiere dell'archeologo, semmai la sua figura stereotipata. Difatti, l'archeologia è una disciplina distante dall'immaginario cinematografico e, giustamente, i professionisti del mestiere hanno sempre voluto sottolineare la differenza abissale tra la fantasia dei film e il loro lavoro.

A proposito di questo, nel 2020 un vero Dr. Jones ha affrontato la questione: parliamo della dottoressa Alexandra Jones, fondatrice e CEO di Archeology in the Community, la quale ha rilasciato una intervista su Vanity Fair proprio riguardo il mondo idealizzato e (sicuramente) poco scientifico di Indiana.

“Mentre questo film è divertente, sembra meraviglioso e tutti noi vorremmo avere avventure come quelle, in realtà non è radicato in nessun fatto. Non è quello che oggi si troverebbe in un sito archeologico. Ciò che sta effettivamente accadendo non è etico ed è qualcosa in cui nessuno di noi si impegnerebbe.”

Riflettendoci, ogni tanto le azioni di Indiana sono quanto meno discutibili: spaccare un antico pavimento di marmo pur di raggiungere un tesoro, senza chiedere permesso (o quanto meno avvisare...) o distruggere una quantità immane di altri reperti al solo scopo di recuperarne uno. Nessuno può credere che un vero archeologo sia capace di gesti simili, e forse non è nemmeno questo che il film vuole farci capire.


Parlando in via teorica infatti, ciò che Indy vuole comunicare è giusto, per esempio quando, ne L'Ultima Crociata, sottolinea come “L’archeologia si dedica alla ricerca dei fatti. Non della verità. Se vi interessa la verità, l’aula di filosofia del professor Tyre è in fondo al corridoio” oppure che “la X non indica mai il punto dove scavare”; tuttavia, seppure le sue intenzioni positive nel voler insegnare cosa sia la vera archeologia, poco dopo lo ritroviamo nella biblioteca di Venezia, intento a spaccare una mattonella di marmo con una enorme X sopra...

E' ovvio che le avventure di Indy siano parecchio lontane dalla realtà (e aggiungerei, per fortuna), tuttavia hanno sicuramente un merito: l'aver annullato l'eccessiva distanza tra le persone e l'archeologia e la storia, l'aver aperto un mondo che, fino a quel momento, si presentava polveroso e complesso, aver acceso la curiosità nella mente delle persone. Quindi, pensando alla vera importanza di Indiana, lo potremmo vedere come una figura più popolare, un eroe mondano, capace di spolverare i reperti archeologici della vetusta polvere della noia e renderla di nuovo interessante agli occhi di grandi e piccini. Il mondo avventuroso di Indy è, ovviamente, un falso, ma la sua passione e la sua curiosità nei confronti dei misteri del mondo non lo sono, ed è proprio questo che riesce a trasmettere alle persone.





42 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page