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Donna de Paradiso e la sacra rappresentazione

Immagine del redattore: Alessandra TamburiAlessandra Tamburi

Aggiornamento: 6 giu 2022

La storia del teatro e delle rappresentazioni, si sa, ha origini antichissime: dagli spalti degli antichi greci e romani, dai versi drammatici di Seneca ed Euripide, alle frasi taglienti di Aristofane e Plauto. Ma il teatro italiano ha in realtà un predecessore meno conosciuto e, per certi versi, rimasto nell'anonimato rispetto ai grandi antichi: la sacra rappresentazione.


Si tratta di un vero e proprio genere teatrale che ha come argomento principe gli avvenimenti delle Sacre Scritture; non è esattamente una rappresentazione come la possiamo intendere noi, quindi recitata e interpretata, è in realtà una narrazione di un fatto religioso compiuta in maniera più articolata rispetto alla semplice lettura di un testo.


Ma allora perché viene chiamata proprio rappresentazione? Pare che questo termine, nella filosofia classica, indicasse l'atto con cui la nostra coscienza riproduce qualsiasi cosa che avvenga esternamente a noi, quindi un avvenimento o il comportamento di una persona diversa da noi, ma anche il modo che abbiamo di rendere manifesto un nostro stato d'animo interiore. In questo caso quindi, rappresentazione indica tanto il riprodurre un avvenimento descritto nelle sacre scritture, quanto il manifestare il nostro sentimento riguardo quell'avvenimento (o meglio, il sentimento di chi stava interpretando).



Spettacolo di piazza medievale (autore anonimo)


La nascita della rappresentazione

Sono ovviamente modi di fare teatro piuttosto primitivi, ma è importante capire che non si sta parlando da una semplice lettura del testo, in quanto dietro queste rappresentazioni c'era un preciso intento didascalico e didattico, come anche il desiderio di immedesimazione nell'evento.


Si deve infatti contestualizzare la nascita di queste rappresentazioni: è da poco passato l'anno mille e i rappresentanti della religione cattolica si trovano di fronte a un problema piuttosto importante, ovvero il fatto che la maggior parte delle persone cui vogliono rivolgersi, non sempre li capisce. Siamo in un momento molto delicato per la chiesa, che portava avanti il sogno di un rinnovamento inteso come ristrutturazione di un'istituzione ecclesiastica basata sulla spiritualità e sulla povertà (ricordiamo ovviamente San Francesco d'Assisi), ma anche con la comunicazione con il popolo. Il fine, era di avvicinare le masse al culto e a Cristo, tornando alle origini della religione, ma non era affatto un compito facile.


Difatti, le messe e tutti i rituali erano celebrati in latino, ma all'alba del XIII secolo veramente pochissimi parlavano ancora questa lingua e sicuramente non il popolo; non solo, non si trattava solo di un problema di comprensione della lingua orale, ma soprattutto di quella scritta, poiché gran parte della popolazione era analfabeta. Dunque, come poteva la religione avvicinarsi al popolo e rendere comprensibile la messa? Qui entra in gioco la sacra rappresentazione e, ancora prima, la lauda drammatica.


La lauda drammatica e Donna de Paradiso


E' davvero impossibile parlare di sacra rappresentazione senza citare la lauda drammatica, un tipo di spettacolo che la precede: difatti, tale rappresentazione racchiudeva in sé già tutte le caratteristiche di uno spettacolo teatrale, con tanto di attori, costumi e musica. La particolarità della lauda, che talvolta si ritrova nella sacra rappresentazione, è la sua struttura in forma di dialogo: questo spettacolo infatti si svolge tramite un botta e risposta tra l'attore principale e il coro, che aiuta nella narrazione.


Colui che per primo ha sperimentato con questo genere (o almeno, il primo di cui ci resta traccia) è Jacopone da Todi, che ha composto la meravigliosa e struggente Donna de Paradiso, o Pianto di Maria. Si tratta di un testo scritto in versi settenari, cui protagonista è senza dubbio Maria, che dialoga però con un coro che interpreta numerosi personaggi come Gesù, il popolo, San Giovanni apostolo, sullo sfondo del drammatico episodio della Passione di Cristo.

Questo testo è veramente di una drammaticità e commozione sensazionale, come ben si vede nel momento più alto della lauda, quando la Madonna si trova, impotente, davanti al corpo del figlio ormai morto sulla croce. «Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, figlio attossecato! Figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio, figlio, e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ài lassato! […] Ioanni, figlio novello, morto s’è ’l tuo fratello. Ora sento ’l coltello che fo profitizzato. Che moga figlio e mate d’una morte afferrate, trovarse abraccecate mat’e figlio impiccato!»

Compianto sul Cristo morto - Niccolò dell'Arca (metà del 1400), Chiesa di Santa Maria della Vita (Bologna)

Attraverso questo testo comprendiamo quale fosse lo scopo di questo tipo di rappresentazione: sicuramente, il fedele aveva modo di capire cosa effettivamente fosse successo nelle Sacre Scritture, ma siamo ben lontani dalla lettura formale dell'episodio.


In questo caso, è possibile sentire e vedere con i propri occhi la storia che prendeva vita e ovviamente questo tipo di approccio sortiva un effetto emozionale indescrivibile. Immaginate, infatti, di veder rappresentato di fronte a voi un episodio come la Passione di Cristo, immaginate l'emozione che poteva suscitare di fronte a un fedele che, fino a quel momento, non aveva avuto i mezzi per comprendere la reale portata di questo sacro avvenimento.


Questi sono gli arbori da cui poi si sviluppano la rappresentazione religiosa teatrale e anche la rappresentazione musicata e cantata, che ancora oggi, in alcuni casi, accompagna la messa dei fedeli nelle chiese. Dal desiderio di farsi capire da tutti e di coinvolgere il pubblico, si segna la ripresa delle rappresentazioni teatrali, che poi si svilupperanno nel teatro delle maschere e dei costumi, arrivando ad una nuova età dell'oro.

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