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I segreti delle speziali

Immagine del redattore: Alessia CapassoAlessia Capasso

Aggiornamento: 27 mag 2022


Regola n. 1 Il veleno non deve essere mai usato contro un’altra donna. Regola n. 2 Il nome dell’assassina e della sua vittima devono sempre essere registrati nel libro della speziale.

Girolama. Campo de' Fiori, Roma, luglio 1659

Campo de' Fiori, Roma - CC BY-SA 3.0


Campo de' Fiori: la piazza del mercato, della statua di Giordano Bruno...ecco, ci ricolleghiamo proprio a Bruno. Per tutto il XVII secolo, questa piccola piazza del centro storico di Roma è stata destinata alle esecuzioni capitali e all'inflizione delle torture. Qui troverà la morte sul rogo il frate domenicano e filosofo Giordano Bruno, accusato dall'Inquisizione di eresia.


A Campo de' Fiori si conclude la storia che sto per narrarvi, poiché la ripercorreremo a ritroso. Nell'Archivio di Stato di Roma sono conservati i documenti relativi a Nomi dei giustiziati assistiti negli ultimi momenti dall’Arciconfraternita di S. Giovanni Decollato, già detta della Misericordia, risalenti al secolo XVIII. Qui compaiono i nomi di cinque donne giustiziate tramite impiccagione nel luglio del 1659: Girolama Spana, Giovanna de Grandis e Maria Spinola, accusate di aver fabbricato e venduto un composto velenoso per donne che volevano liberarsi dei propri mariti; Graziosa Farina e Laura Crispolti, per il solo commercio. Le vittime di queste donne sono tante, circa 600.


Tra le condannate, Girolama Spana è l'unica accusata di saper preparare il composto velenoso, del quale si conoscono solo alcuni ingredienti, come l'arsenico, il piombo e la belladonna. Il veleno, che risulta incolore ed insapore ed è somministrato alle vittime nel vino o in cibi liquidi, ha i più disparati nomi, ma oggi lo conosciamo come acqua tofana.


Giulia. Via della Lungara, Trastevere, Roma. 1635 ca.

Via della Lungara, Roma - CC BY-SA 3.0


In uno dei palazzi di questa strada trasteverina, trova alloggio una giovane donna proveniente da Palermo, tale Giulia Tofana, accompagnata dalla figliastra Girolama. Nessuno lo sa, ma le due sono scappate dal capoluogo siciliano sotto la protezione dell'amante di Giulia, Padre Girolamo, un frate speziale appartenente alla Basilica di San Lorenzo in Damaso.


Il motivo è facilmente intuibile: Giulia produce e vende veleni. A Palermo, dove ha imparato l'arte e ha già commesso molti omicidi, la sua rete è stata scoperta e ci sono già state delle cruente condanne a morte. La fuga è, quindi, inevitabile.


Giulia tramanda la ricetta del veleno a Girolama. Il suo veleno viene commercializzato sotto forma di acqua cosmetica in boccette che riportano l'effige di San Nicola da Bari per spacciarle per semplici feticci religiosi. L'acqua tofana viene, per questo, chiamata anche manna di San Nicola.


La Tofana non verrà mai scoperta, a differenza di Girolama (della quale conosciamo già le sorti) e morirà nel 1651, quando cominceranno gli omicidi per mano della figliastra.


Tofania. Piazza della Marina, Palermo. luglio 1633

Piazza Marina a Palermo nel XIX secolo - CC BY-SA 3.0


Ventisei anni prima della morta di Girolama a Campo de' Fiori, un'altra cruenta esecuzione avviene a Palermo, a Piazza Marina, a pochi passi dal carcere della Venaria. Ad essere giustiziata, stavolta, è Tofania d'Adamo, accusata dell'omicidio del marito per avvelenamento. La donna è a capo di un gruppo di donne che conta circa 40 componenti e che produce e vende lo stesso veleno di Giulia Tofania, che è "figlia d'arte" della d'Adamo (e forse anche figlia carnale o nipote).


Tofania riceve le sue clienti, donne disposte a comprare morte per la propria libertà, in un piccolo locale nascosto nei vicoli di Palermo. La sua carriera omicida va avanti per anni, in qualche modo "protetta" dalla peste che scoppia in città nel 1624: i morti sono così tanti che è davvero difficile definire la causa del decesso.


La d'Adamo, secondo le cronache giudiziarie, viene pesantemente linciata dalla folla presente all'esecuzione. In seguito, impiccata e squartata secondo gli usi spagnoli. Qualcuno, però, l'ha tradita e ha messo fine alla sua attività di killer silente. I palermitani sono felici di essersi liberati di questa strega, ma non sanno che, ormai, il veleno è stato esportato a Napoli e a Roma...


Francesca. Carcere della Vicaria, Palermo. febbraio 1633

Ex Palazzo delle Finanze, Palermo, sorto dalla ristrutturazione delle carceri della Vicaria -

© Giulio Giallombardo


A fare il nome di Tofania è una delle sue più talentuose adepte, Francesca Rapisardi, detta "La Sarda". La donna viene arrestata con le solite stesse accuse dopo un'attenta indagine delle autorità e portata al più pericoloso carcere di Palermo, la Vicaria, a pochi passi da Piazza Marina.


La Sarda, dopo una lunga e dolorosa tortura, confessa: lei non sa preparare il veleno, lo smercia soltanto. L'unica a conoscere la ricetta è Tofania d'Adamo.


La confessione è il primo passo verso la scoperta della infinita rete di avvelenatrici che non preoccupa soltanto la Sicilia, ma l'Italia intera. Nello stesso secolo altre cellule operative di donne che uccidono per le donne vengono scoperte anche in Campania, Toscana e Umbria. La sorte è quasi sempre la stessa: esecuzione capitale.


Lo stesso capiterà anche a Francesca, a cui tocca la decapitazione. Non prima però di essere stata linciata dal popolo ed essersi difesa con le seguenti parole, secondo le cronache del tempo:


Ridete pure! Tanto molti di voi verranno con me!

Nella. Londra.

A spingermi a parlarvi finalmente di questa storia generazionale fatta di omicidi e delitti al femminile è stato il romanzo storico Il segreto della speziale di Sarah Penner (HarperCollins, 2021). Nel libro si racconta la vita di Nella, una speziale londinese vissuta nel XVIII secolo che, come Tofania, Giulia o Girolama, produce veleni per le sue clienti desiderose di libertà e vendetta.


The Magic Circle - John William Waterhouse (1886)


La storia vera si intreccia con la fantasia: anche Nella crea un legame generazionale, ma letale, con altre donne. Viene stipulato un contratto basato sulla reciproca fiducia, quasi solidale, anche se pericoloso ed eticamente sbagliato.


L'acqua tofana è molto più che un semplice strumento di morte: è difesa, solidarietà, codardia e vendetta.



Se volete approfondire la storia delle avvelenatrici, eccovi qualche consiglio:


- Il libro "I veleni di Palermo", Rosario La Duca;

- "Avvelenatrici", puntata del podcast Demoni Urbani;


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