Ci capitava spesso di sentire quella parola, anche al di fuori del carnevale. Di solito capitava durante gli anni delle scuole elementari e delle medie, quando, durante il cambio d’ora, l’insegnante di turno tardava ad arrivare e ci concedeva attimi di elettrica speranza, in cui ci abbandonavamo al chiasso più totale. Sembravano minuti interminabili, in cui i decibel e il movimento che mettevamo in scena provocava un vero e proprio sovvertimento dei ruoli e delle regole costituite. Il più delle volte si concludevano con l’entrata in aula dell’insegnante che non poteva far altro che urlare con un forte accento dialettale:
"Che è ‘sta Zeza?!?"
Un’esclamazione che ci consegnava una dimensione chiara e definita, una dimensione che tutti noi conoscevamo bene. Questo perché l’Irpinia da sempre ha rappresentato un terreno fertile per questa particolare tradizione.
Nata intorno al Seicento dello scorso secolo, la canzone di Zeza è una delle rappresenta è una delle rappresentazioni carnevalesche più interessanti della nostra tradizione. In questa si narra la vicenda di Lucrezia (Zeza), di suo marito Pulcinella e dell’amore tra la loro figlia Porzia (in altri luoghi Tolla o Vincenzella) e il giovane medico calabrese Don Zenobio.
La storia si sviluppa intorno a questi personaggi e prende vita in seguito al fermo rifiuto di Pulcinella di concedere in sposa Porzia a Don Zenobio. In questo schema chiuso, sarà proprio Zeza a spingere, in tutti i modi, la figlia a lasciarsi andare con il giovane medico e, contemporaneamente, cercherà di convincere suo marito a dare il proprio nulla osta per le nozze.
Ma le cose non andranno per il verso giusto, infatti, la situazione si aggraverà ulteriormente quando Pulcinella scopre la giovane coppia amoreggiare e temendo che il disonore possa cadere sulla propria famiglia reagisce violentemente nei confronti di Don Zenobio. Durante lo scontro fisico, il padre di Porzia viene ferito e sarà proprio il giovane medico a curarlo, chiedendo in cambio il beneplacito per il matrimonio. La canzone si conclude con la celebrazione della festa e con il ballo della quadriglia ballata dai diversi personaggi e guidata dal capozeza.
La storia della zeza
Come detto in precedenza, la Zeza ha avuto un’ampia diffusione all’inizio del Seicento, quando nelle diverse zone del napoletano veniva messa in scena. Non aveva un testo scritto, ma seguiva un canovaccio orale che veniva interpretato da alcuni attori nelle piazze e nelle strade del capoluogo partenopeo e a partecipare alla rappresentazione, anche per i ruoli femminili, erano solo gli uomini (e che in alcuni casi come quello di Bellizzi è ancora così).
Nell’Ottocento il testo spinto e le forti allusioni sessuali ne compromisero in qualche modo la diffusione e la Zeza si vide relegata a teatri e spazi chiusi durante il periodo di carnevale. Differente destino ebbe nell’entroterra dove, in questo periodo, le rappresentazioni ebbero una maggiore diffusione soprattutto in Irpinia. Qui, nel corso degli anni, si sono sviluppate differenti forme di Zeze che differiscono.
La rappresentazione della Zeza nel periodo del carnevale avviene ancora nelle strade e nelle piazze e, nei secoli, ha portato alla diffusione di forme diverse tra loro. Tra queste una ha accompagnato i miei carnevali passati ed è quella di Bellizzi Irpino in cui, anni addietro, vi aveva preso parte anche mio padre.
Infatti, oltre ai principali protagonisti, altri personaggi orbitano intorno alla storia e che permettono al pubblico di partecipare attivamente alla rappresentazione, coinvolgendoli nella storia stessa. Tra questi ci sono Geronimo, il pescatore, Cosetta, la fioraia, Don Bartolo, il giardiniere che usa una scaletta retraibile per chiedere al pubblico i soldi della questua e i Cacciatori, che usano un finto fucile per sparare agli ignari spettatori polvere di borotalco.
Il carnevale e la Zeza hanno sempre rappresentato un momento comunitario importante che negli anni ha saputo legare la funzionalità simbolica di sovvertimento dell’ordine costituito, del potere (patriarcale, quello di Pulcinella) e della comicizzazione dello stesso e la necessità di vivere momenti di condivisione e coinvolgimento popolare.
Questo sarà il secondo anno in cui per le strade non sarà possibile assistere alle Zeze a causa del Covid19. La speranza è quella di rivedere presto le strade cittadine invase da interpreti e passanti pronte a condividere momenti di autentico divertimento.
Le foto della zeza sono state gentilmente concesse da Sabino Battista "Scatto Matto"
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